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Cena della vigilia: la pecora arrosto come la si fa a Orgosolo (Nuoro) |
Alla cena della vigilia di Natale ho
potuto assistere alla preparazione della pecora arrosto. Mi trovavo a
Orgosolo, paese in provincia di Nuoro, in compagnia di parenti e
amici di mio marito, persone simpaticissime e padrone come non mai di
una cucina antica e dal sapore genuino. L'anno scorso prepararono il
noto porceddu, ma quest'anno mi hanno stupito con un mito
dell'alimentazione sarda, la pecora. “La pecora è più tenera del
montone – mi hanno spiegato – ma deve essere magra; noi usiamo
quelle vecchie, che hanno già dato latte e lana, e provengono dai
pascoli delle zone qui intorno della Barbagia, dove viene allevata in
libertà e mangia le nostre erbe mediterranee”.
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La pecora arrosto richiede tre ore di lenta cottura |
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La pecora richiede un rituale lungo ed elaborato ma la morbidezza e la delicatezza finale della carne meritano tanta attenzione! |
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A Orgosolo cucinano pecore del territorio allevate all'aperto e che mangiano esclusivamente erba di campo |
Ero entusiasta del
senso ecologico della questione, perché un po' come il maiale, anche
della pecora non si butta via niente. Tuttavia temevo di imbattermi
in una carne duretta, troppo matura da masticare. Ma gli amici
orgolesi mi hanno subito rassicurato: “Se saputa fare, la pecora,
non fa invidia a nessuno! Ci sono delle regole e degli accorgimenti
da rispettare e tanta, tanta pazienza”. Infatti quando mi sono
trovata davanti al bel caminetto acceso, caldo e confortante, il bel
pezzo di carne girava lentamente già da un'ora abbondante. In tutto
è rimasta in cottura ben tre ore, seguita attentamente da mani
esperte.
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Che piacere assistere a un rituale culinario antico come questo, e non vi dico il profumo che si sprigionava nell'aria! |
Come prima cosa, all'inizio del procedimento bisogna fermare il
girarrosto in modo che la parte delle costole venga in contatto con
la fiamma, per impedire che bruci la pelle, la parte più delicata.
E sempre nei primi momenti occorre versare del sale che col calore
andrà a indurirsi e a formare una crosticina in grado di bloccare la
temperatura esterna così che la carne resti rosata e morbida
all'interno. Guai poi a toccarla con lame o coltelli! Si lascia
intatta in modo da farle trattenere i suoi succhi naturali. Inoltre
non deve girare da subito, al contrario deve stare ferma per
assestarsi e rimanere compatta. Ciò ovviamente richiederà lunghe
ore di tempo, ma chi ama gli antichi piaceri della tavola sa
benissimo che la lentezza è una virtù.
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La procedura dello stiddiare: si prende un pezzo di lardo vecchio (deve avere almeno un anno)... |
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...si attacca a un'asta di ferro appuntita che lo tiene fermo... |
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...e lo si mette a contatto con le fiamme per farlo accendere come un tizzone... |
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...il lardo comincerà a sciogliersi e le gocce (le stiddas, ovvero le stille, le gocce) cadranno piano piano sulla carne... |
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...così la carne cuocerà per bene dentro e la pelle diventerà croccante e uniforme |
E adesso il tocco del
maestro: stiddiare il lardo (da stiddia, in sardo, che significa
stilla, goccia) ovvero la fase in cui si fa sgocciolare del lardo
sopra la pecora. Mi hanno spiegato: “Il grasso del lardo rende la
carne ancora più morbida, soprattutto quello che si attacca alla pelle la rende croccante e di un colore uniforme e invitante.
Mettiamo solo poche gocce alla volta, il resto sgocciola sotto e non
viene assorbito. Inoltre, ma importantissimo, si deve usare un lardo
vecchio che abbia almeno un anno”.
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Il fuoco evoca una magia ancestrale, non trovate? |
Ho assistito al rituale del
lardo che viene fatto stiddiare sulla pecora ed è stato
emozionantissimo, come fossero istanti di gioia ancestrale, qualcosa
che fa vibrare le tue corde primitive. Lo confesso, avrei voluto
provare a tenere in mano la stecca del lardo ma non ne ho avuto il
coraggio. Mi sono goduta però la bellezza dei gesti, il profumo
dell'arrosto, i colori del fuoco vigoroso e del marrone dorato della
carne.
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Un tocco di modernità creativa: invece dell'antico treppiede con spiedo a manovella...gli amici di Orgosolo hanno pensato di riciclare il motore di un tergicristallo e l'ingranaggio di una frizione: una bella idea ecologica! |
Una curiosità che mi ha riportato invece alla modernità: un
tempo gli arrosti in Sardegna erano fatti con un treppiede e si
giravano a mano, con la santa pazienza come ingrediente. Oggi le cose
sono cambiate ma non hanno meno fantasia...i miei amici di Orgosolo
si sono ingegnati alla grande e hanno inventato lo spiedo del 2000:
da una vecchia auto hanno preso dei pezzi ancora buoni e dal motore
di un tergicristallo e l'ingranaggio della frizione è nato uno
strumento nuovo e perfettamente funzionante. Quando si dice l'arte
del riciclo!
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Guardate che mega cesoie ci son volute per tagliare a pezzi la pecora intera! |
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Ed eccola in tavola ben tagliata in porzioni adatte a tutti: i bambini l'hanno sbranata! |
Terminata la cottura due uomini armati di grandi cesoie
hanno provveduto al taglio della carne: i bambini e pure io ci
stavamo divertendo da matti! Poi ci siamo accomodati a tavola e la
pecora è arrivata da noi ben tagliata in piccoli pezzi e
profumatissima, accompagnata da un buon vino rosso fatto sempre a
Orgosolo. La carne della pecora era delicatissima, morbida, si
scioglieva in bocca e la pelle croccante e sottile.
Il tempo di un brindisi e di uno scambio di sorrisi e la festa della vigilia di Natale era cominciata.
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Prima del piatto forte, c'è stato spazio anche per i famigerati ravioli di Orgosolo, ripieni di formaggio pecorino |
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In una tavola imbandita non manca mai la carta da musica o pane carasau, sottile e croccante |
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Un'altra specialità della campagna barbaricina: il caglio, ricavato dalla pancia dell'agnello da latte, poi lavato e infine arricchito di latte che lo fa fermentare, è una sorta di crema dal sapore deciso ricchissimo di fermenti lattici vivi. |
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L'ideale è spalmare il caglio sul pane carasau come una crema
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I pistiddu, dolci tipici del paese di Orotelli: sono di una bellezza aggraziata ed elegante che quasi ti dispiace mangiarli, quasi! |
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Il ripieno dei pistiddu, è fatto di miele, mandorle e scorza di arance, tutto rigorosamente genuino e fatto a mano! |
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